IL CONTENZIOSO IN POLIZZA INFORTUNI

Cerchiamo di comprendere perché si apra il contenzioso nel caso delle polizze infortuni.

In realtà, ciò avviene quasi sempre anche quando una compagnia è chiamata a pagare un infortunato in caso di responsabilità civile, sebbene con modalità differenti.

È necessario sapere che la compagnia ragiona sui “grandi numeri” per cui il caso che ci interessa,il nostro caso, è solo uno dei tantissimi che giungono alla loro osservazione: per noi è l’unico!

Su ogni sinistro la compagnia sa generalmente molto bene quanto dovrebbe pagare, forte dell’esperienza di centinaia di casi simili e del supporto dei medici legali fiduciari della compagnia stessa.

La compagnia inoltre dispone di avvocati, di specialisti, e in generale di personale abituato ad affrontare ogni tipo di sinistro, sempre con l’obiettivo di far risparmiare la propria compagnia.

Vediamo ora quanto avviene nel caso delle polizze infortuni, qualora la proposta iniziale non venga accettata: il liquidatore sa benissimo che si aprirà un contenzioso, di cui conosce il costo e il rischio di sconfitta e di vittoria: è evidente che in ogni caso alla fine a prevalere potrebbero essere gli interessi della compagnia che sormontano le capacità di ogni singolo infortunato, se il contenzioso non è ben preparato e ben condotto.

La proposta di liquidazione può arrivare sotto forma di lettera, ma in alcuni casi può addirittura giungere un assegno con la richiesta di sottoscrivere l’accettazione a totale e definitiva chiusura del caso in tali circostanze, sempre più rare, è possibile incassare l’assegno rimandando l’accettazione con la dicitura “quale anticipo sul maggior dovuto”.

Come si è detto, se si respinge la proposta pervenuta, si può inizialmente richiedere una collegiale (cioè un incontro informale fra i due consulenti delle parti per giungere a un accordo.

Per adire la collegiale è ovviamente opportuno consultarsi con il proprio medico legale che può, generalmente, indicare sia il costo della stessa, sia la probabilità di ottenerne un vantaggio economico. Molto spesso in una collegiale il proprio medico riesce infatti a “spuntare” uno o due punti più di quanto costituiva la proposta assicurativa.

Ove la collegiale fallisca ovvero si giunga un risultato giudicato insoddisfacente, oppure se la distanza tra la proposta dell’assicurazione e le attese legittime dell’infortunato, in questo consigliato dal proprio medico legale, sia molto elevata è possibile richiedere una procedura arbitrale.

L’arbitrato consiste nel demandare a un terzo medicolegale, al di sopra delle parti e indipendente, il compito di giudicare quale sia il reale danno complessivo subito dall’infortunato.

Primo passo, da affidare al proprio medico, è la scelta appunto del terzo arbitro: la compagnia ha il diritto di proporre tre nomi, il proprio medico di suggerirne altri tre, ovvero di accettarne uno di questi; se non si trova un accordo si invia la pratica al locale Ordine dei medici che individua il nome di un medico legale: già questa scelta è molto delicata perché le compagnie tendono a indicare nomi di medici che normalmente lavorano se non per se stessa, certamente per altre compagnie, e che quindi hanno abitudini e mentalità di tipo assicurativo.

Infatti, per certi tipi di lesioni, i medici che lavorano per le assicurazioni hanno dei preconcetti assolutamente invincibili: un esempio sono le lesioni di spalla in cui i legamenti lesionati, la violenza dell’impatto, magari la concomitante frattura di omero, non sono mai considerati in quanto (secondo loro) sempre concausate da una pretesa debolezza del tendine: ciò avviene anche quando non vi siano assolutamente precedenti.

Se la persona infortunata poi è non propriamente giovanissima, assumere che i suoi legamenti siano non in condizioni perfette (e quindi che esista una concausa di menomazione) diventa praticamente automatico, benché l’età dell’infortunato sia perfettamente conosciuta dalla compagnia assicurativa al momento della stipula: firmando il contratto la compagnia dovrebbe assumersi quindi anche l’onere di riconoscere che, a seguito dell’età, è ammissibile una fisiologico deterioramento. Ciò non capita praticamente mai.

Se si giunge comunque a un arbitrato, deve essere chiaro che esso ha un costo: da mezzo all’un per cento del proprio massimale per il proprio medicolegale e di solito l’un per cento per il terzo arbitro, il quale può peraltro variare le percentuali a proprio insindacabile criterio.

È quindi evidente che l’arbitrato viene a costare tra un punto e mezzo e i due punti sia all’infortunato che alla compagnia la quale sa benissimo tutto ciò quindi, normalmente, proporrà una valutazione sempre inferiore del 2% (almeno) a quanto è giusto, in modo che l’infortunato sappia che si riesce a spuntare solo un punto guadagna ben poco; il dettaglio che la compagnia, se viene data ragione all’infortunato, perda molto interessa poco proprio per la legge dei grandi numeri: per un caso in cui perde, la compagnia ne ha decine e decine in cui l’arbitrato finisce in modo sostanzialmente favorevole, oppure viene evitato dall’infortunato.

Qui ricordo un caso realmente avvenuto in cui la lesione di un osso del piede era perfettamente contemplata nelle cosiddette tabelle: si trattava di una frattura di calcagno mal consolidata con appiattimento della volta plantare e limitazione dei movimenti per 1/3: tale lesione, per la menomazione conseguente, e valutata al 14% su base tabellare INAIL. In sede di trattativa la compagnia offrì astutamente il 12% che fu accettato dall’infortunato. Probabilmente se non avesse accettato ma avesse chiesto una collegiale avrebbe potuto ottenere ancora almeno un punto, col risultato che la compagnia ancora una volta avrebbe guadagnato qualcosa, ma lui avrebbe avuto un discreto beneficio economico.

Mai come in questa fase è necessario un saggio consiglio del proprio medicolegale, l’unico in grado di suggerire se conviene procedere nell’arbitrato (da cui ci si può ritrarre anche all’ultimo secondo) ovvero se andare avanti pur con le incertezze di successo: in fase arbitrale la compagnia azzera le proprie proposte che non avranno più valore. Sta nella coscienza e nella capacità scientifica, oltre che nell’imparzialità, del terzo arbitro dare una vera risposta di giustizia.

Ovviamente, in sede arbitrale si rivedono tutti i punti del contratto: la menomazione, la diaria giornaliera, le spese mediche.

L’infortunato sarà visitato, quindi i consulenti delle parti esprimeranno le loro opinioni. Il terzo arbitro, immediatamente o dopo riflessione, esprimerà un giudizio che sarà vincolante anche se uno dei due consulenti di parte si rifiutasse di firmarlo.

Dott. Maurizio Bruni

Medicolegale

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On Dicembre 30, 2015, posted in: Articoli e pensieri di un medico by

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