La Malasanità

Malasanità: cominciamo a vedere, è una curiosità, ma non solo, l’origine di questo nome: deriva dal titolo di un libro scritto negli anni ’70 dal Prof. Eugenio Travaini, primario fisiatra di Legnano e ideatore di metodiche innovative nel campo della riabilitazione.

Il libro si chiamava “La Malacarità” e descriveva (ne sarebbe interessante la lettura anche oggi) le grandezze e le meschinità, le gelosie e i modi (spesso ambigui) per far carriera di medici di una città mai precisata (ma che fosse Legnano si comprende bene) per i quali il paziente era un evento marginale, tutti protesi a fare guadagno personale o per l’Ospedale.

Per fortuna questo accadeva negli anni ’70 …

In realtà molte cose sono mutate, tra cui principalmente la nuova dignità riconosciuta al paziente di non essere trattato come oggetto, ma come persona affetta da malattia, con il diritto a ottenere le cure (possibilmente) migliori.

Questo è il punto critico: quale patto si stringe implicitamente o esplicitamente fra il paziente e il medico + la struttura sanitaria in cui viene trattato?

Innanzitutto è un patto di reciproco rispetto: della professionalità medica da parte del paziente, dei diritti inalienabili alla conoscenza della propria situazione, delle migliori opzioni possibili (in quella o in altre strutture), della privacy da parte dei sanitari.

Da questi aspetti nasce spesso il contenzioso: il paziente può ritenere di non essere stato curato al meglio (possibile) dell’arte medica, oppure di essere stato trascurato o abbandonato, o trattato in modo maleducato (e questo vale anche per i parenti).

 

Cosa deve offrire il sanitario al proprio paziente?

Certamente non esiste obbligo di risultato: altrimenti quando un paziente (infine, ognuno di noi) muore si dovrebbe fare causa al medico.

Quindi non c’è obbligo che l’intervento riesca ad estirpare il tumore oppure che l’indagine diagnostica dia perfetti risultati.

Esiste invece esiste obbligo di risultato in alcune indicazioni ristrette: nella chirurgia estetica, nell’anestesia, l’esecuzione di IVG, nell’espletare gli esami di laboratorio e una corretta diagnosi istopatologica.

Vedremo successivamente alcuni esempi, ma è evidente che l’esito antiestetico di un intervento finalizzato a curare una malattia (supponiamo una mastectomia per un tumore del seno) è possibile e non riconoscibile come colpa, mentre la ricostruzione asimmetrica di un seno lo è.

Esiste invece obbligo di mezzi: nella situazione contingente in cui il medico opera, ha usato il meglio possibile le strumentazioni? Ha seguito le migliori strade indicate dalle linee-guida o dalle regole di buon comportamento?

È evidente che ci si debba riferire alla situazione contingente: un medico che si ritrovi a rianimare un paziente trovato in strada e non riesca a far ripartire il cuore può essere giudicato in modo ben diverso dallo stesso medico che, al centro di una équipe di rianimazione, svolga in modo affrettato o superficiale le manovre rianimatorie.

Conta molto anche l’esperienza: un medico specialista, magari primario, che commetta un errore è giudicato ben diversamente da un giovane neolaureato.

La stessa attrezzatura ospedaliera può essere un’aggravante o ridurre la responsabilità: l’omissione di taluni accertamenti strumentali in un piccolo ospedale sulle montagne è ben più grave della medesima omissione in un grande centro ospedaliero.

Poi si potrà discutere se, anche dall’ospedale di montagna, sarebbe stato opportuno trasferire altrove il paziente, ma la graduazione di colpa è ben differente.

Più recentemente si è introdotto un nuovo aspetto, assente ai tempi di Travaini: l’affrettata dimissione per ruotare i pazienti nel reparto.

È il frutto demenziale della “economizzazione” della sanità. In luogo di valutare accortamente le risorse e liberarle per le necessità imprescindibili (non solo i cosiddetti LEA, ma anche un agevole accesso a farmaci ed esami indispensabili), nonché eliminare gli sprechi si è preferito agire con l’accetta, introdurre i DRG e quindi obbligare gli enti ospedalieri a bilanci ristretti nei quali la rotazione del paziente è fondamentale: il paziente “rende” una cifra in funzione della sua patologia. Se non è più economico tenerlo (o se si intenda ricoverare un nuovo paziente = nuovo DRG) il paziente viene letteralmente buttato sulla strada.

 Dott. Prof. Maurizio Bruni

Medico Chirurgo

Professore a.c. Università degli Studi di Milano

Specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni

Chirurgia – Urologia

Via Procaccini 34

20154 Milano

Tel/fax: 02312607

e-mail: docmbruni@hotmail.com

 

On Novembre 4, 2016, posted in: Articoli e pensieri di un medico by

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